VignetTEST

In questa sezione sono presenti alcune vignette sottoposte ai bambini al termine del percorso di laboratorio: è stato chiesto loro di completare le vignette aggiungendo la risposta mancante della seconda battuta.
Lo scopo di questo test è quello di apprendere il punto di vista "del ranocchio", come lo hanno battezzato i sociologi norvegesi.

NOTA BENE: al fine di non circoscrivere il paradosso alimentare al luogo comune che solo nei luoghi poveri esiste la povertà, durante gli incontri è stato detto ai bambini che anche una città come Parma, nel 2013, "vanta" almeno 2.000 famiglie (circa 8.000 cittadini parmigiani) in tali difficoltà economiche da non avere garanzie di accesso al cibo.


Questa risposta suggerisce l'idea che la ricchezza sia non solo fonte di "apprendimento", ma che il benessere induca ad apprendere male e che per imparare sia sufficiente essere ricchi.

In questa risposta si legge una visione del problema da una prospettiva sorprendentemente "elevata", quasi che tutto ruotasse attorno a una mancanza di amore tra grandi e piccoli e, di conseguenza, che il paradosso alimentare che colpisce (in questo caso) i bambini sia conseguenza inevitabile degli adulti.

Questa risposta esprime un forte egoismo spinto all'indifferenza: non solo la cosa "non riguarda" il bambino obeso, ma il bambino denutrito deve cavarsela da solo.

Di nuovo: i soldi, dunque la ricchezza materiale, come fonte di insegnamento. E di esagerazione.

Qui è evidente la mancata considerazione dell'altro: se io sono pieno è evidente che anche gli altri debbano essere soddisfatti: il problema non si pone, quindi non mi riguarda.

Questa risposta ci rivela la sensibilità del suo autore: non c'è prospettiva alcuna senza avere il minimo necessario per mantenersi in vita, sopravvivere. Il futuro è un pensiero che chi lotta con la sopravvivenza non può permettersi, egli ha una tale indigenza che ha un'aspettativa di vita pari al presente drammatico nel quale si trova condannato a vivere.

Per questo bambino la risposta è ovvia: basta andare a casa, con tutti i suoi confort. Ammesso che il bambino indigente viva sotto un tetto che non sia un ponte.

In questa risposta si legge una surreale solidarietà: il bambino obeso "comprende" a tal punto il lamento del bambino magro da quantificare "quanto" lo capisca: un frigo intero.

Molto interessante questa risposta: sembra suggerire un livello ancora più sottile di distacco: l'assenza di responsabilità. Infatti quel "perchè lo chiedi a me" non risponde nel merito di quel "ho fame", ma quasi a prevenire un coinvolgimento che il bambino obeso rifiuta a priori si dichiara estraneo alla questione.

Il mondo nel quale vive il bambino obeso e benestante, che ha sviluppato quindi esigenze alimentari al di sopra delle proprie necessità, lo induce a una riposta scontata e nemmeno delle più convenienti (cucina) ma dispendiose (ristorante).

L'autore della risposta di questa vignetta è significativa e allarmante: non solo il bambino povero si preclude un futuro, ma la sua condizione di povertà è vista come una colpa da espiare e una caratteristica che lo rende non meritevole.

Questa risposta è di una lucidità disarmante: la necessità di mangiare è così impellente che la mente non può concedersi "distrazioni", nemmeno quella di vivere.

Questa risposta è fatta di un innocente sarcasmo: l'appetito è un lusso, mentre la fame è un "bene primario", senza di esso non vi è nemmeno il piacere del luogo comune.



E per finire... un po' di solidarietà e condivisione, quasi a suggerire che, forse, c'è speranza.